Dal palazzo di giustizia alla cabina di guida, dalla sala operatoria alle scrivanie dei professionisti del digitale, l’intensità del coinvolgimento cognitivo non conosce confini. Il nostro cervello può pagare un prezzo elevato per questo impegno costante. Il Paris Brain Institute ha messo sotto la lente di ingrandimento un aspetto finora trascurato della fatica mentale. Nel corso di uno studio innovativo, 40 individui sono stati sottoposti a scansioni cerebrali in vari momenti della loro intensa giornata lavorativa. Dai risultato è emerso che i compiti i quali richiedono una prolungata attenzione, multitasking, uso intensivo della memoria e capacità di risoluzione dei problemi possono portare all’accumulo di glutammato nel cervello.
Il glutammato, il nemico silenzioso per chi non riposa abbastanza
Il glutammato è una sostanza chimica vitale per inviare segnali tra le cellule nervose, in grandi quantità si trasforma in un nemico silenzioso, dunque tossico e in grado di intaccare la corteccia prefrontale laterale (LPFC), la regione cerebrale cruciale nel processo decisionale. Con la scoperta di questa correlazione tra la fatica mentale e gli effetti fisici sul cervello, la scienza ci lancia un monito. Professionisti come giudici, autisti, medici, ma anche chi lavora in contesti ad alta elaborazione di dati, non possono ignorare l’importanza di una corretta gestione della concentrazione e del riposo.
Il messaggio è chiaro: la maratona cognitiva che contraddistingue molte professioni moderne non è senza rischi. È un richiamo all’attenzione per datori di lavoro, legislatori e singoli individui, un invito a riconsiderare la sostenibilità del nostro stile di vita lavorativo. La necessità di una pausa, dunque, non è solo una questione di comfort; è un imperativo di salute pubblica.
Chi sono i lavoratori più a rischio?
Autisti di autobus, medici, piloti e una vasta gamma di professionisti sono chiamati a una riflessione profonda sulle modalità di lavoro. Lo studio suggerisce l’adozione di un approccio simile a quello praticato dai controllori del traffico aereo, i quali, dopo un massimo di due ore di guida intensa, si concedono una pausa obbligatoria di mezz’ora. Questo metodo non è solo un esempio virtuoso, ma rappresenta un prototipo che richiede una considerazione seria. Va visto come un principio da codificare nei regolamenti e da adottare in maniera diffusa, al fine di tutelare l’integrità mentale dei lavoratori in carriere ad alta intensità cognitiva.
L’analisi scientifica si è estesa anche ai complessi processi decisionali quotidiani, mettendo in luce come la fatica possa influenzare gravemente le scelte di professionisti come giudici o medici. Un eccessivo accumulo di stanchezza, potrebbe portare alla decisione di una sentenza errata, o ad esempio alla prescrizione di un trattamento non necessario. Questo accade per un motivo ben preciso: il cervello sovraccaricato e stanco, potrebbe orientarsi verso soluzioni più semplici e immediate, che ovviamente possono avere conseguenze negative nel lungo periodo. È chiaro che in questo frangente il benessere mentale deve essere prioritario nella presa di decisioni di un certo rilievo di responsabilità. Riposare per prendere decisioni importanti, quindi, dovrebbe essere l’imperativo per diverse professioni.