La vita si presenta come un viaggio in treno, costellato di numerose stazioni, ognuna con i suoi cambi e i suoi binari. Talvolta, percorrerai questo cammino in solitudine; altre volte, sarai circondato da compagni di viaggio. Non importa quale fermata sceglierai di affrontare; ciò che conta è onorare il passeggero accanto a te, riconoscendo la sua presenza e condividendo, anche solo per un breve momento, il viaggio della vita.
Rispetta il passeggero: da Freud a Pirandello
Il viaggio in treno è spesso utilizzato come metafora della vita, ricorrente in opere letterarie e in ambito psicoanalitico. In questo contesto, siamo noi i viaggiatori e le persone che incontriamo lungo il cammino rappresentano i passeggeri. Durante il viaggio, è possibile imbattersi in momenti di scoperta personale, specialmente quando ci si allontana dai percorsi consueti, simile a un deragliamento metaforico. Autori come Freud e Pirandello hanno esplorato questa metafora; Freud esortava i suoi pazienti a guardare la propria vita come se la osservassero attraverso il finestrino di un treno. Pirandello, d’altra parte, concepiva il viaggio in treno come un’opportunità di introspezione e autoscoperta, dove i protagonisti si incontrano e si scontrano, dando vita a un processo di autocoscienza.
Piaceri e dispiaceri
Occorre tempo per spostarsi in treno, come nella mente d’altronde che diventa luogo e mezzo in cui le persone salgono e scendono. Dove immagazziniamo non solo la nostra vita ma anche scorci di vita altrui. Ogni passeggero che “sale a bordo, nella mente, può portare con sé piaceri e dispiaceri, anche noi stessi possiamo farlo. Per questo motivo bisogna imparare a interpretare ciò che lo sguardo vede al di fuori del finestrino e le reazioni che scatenano nel mondo interno dell’individuo, nel suo viaggio mentale”. È estremamente interessante questo tipo di metafora ed è impossibile non percepire lo stesso fascino che ne traeva Emile Zola:
“Viaggiare in treno significa lasciare scorrere lo sguardo sul mondo che scorre lateralmente, dal finestrino. Ma anche vivere quel movimento con gli altri, gli sconosciuti compagni di viaggio, in un rapporto unico e magico insieme.” I viaggi in treno, come quelli della vita, squarciano paesaggi, attraversano orizzonti e buie gallerie. Accoglie nuovi passeggeri e ne lascia scendere altri, come fa la vita!
La metafora del viaggio in treno e il metodo EMDR
In rete si sente parlare molto di questo metodo di cui si avvale la psicoanalisi per guarire persone investite da un trauma. Anche l’EMDR utilizza spesso la metafora del treno per indicarne il percorso molto tecnico: “durante l’elaborazione accelerata, che ha luogo a ogni set, il treno procede verso l’altra stazione lungo la linea. A ogni plateau, o fermata, alcune informazioni disfunzionali vengono scaricate e altre informazioni adattive si aggiungono, proprio come i passeggeri che scendono a ogni fermata mentre altri salgono. Alla fine di una seduta di EMDR l’informazione target è completamente elaborata e il paziente raggiunge una risoluzione adattiva” (Shapiro, 2000).
Ma cos’è tecnicamente?
Partiamo innanzitutto dal trauma psicologico. Quando il paziente ne vive uno, il sistema nervoso acquisisce dal trauma informazioni come immagini, suoni e sensazioni fisiche che vengono conservati a livello neurologico in uno stato disturbante del quel il paziente vuole liberarsi. Il metodo EMDR interviene con movimenti oculari che innescano un meccanismo in grado di riattivare l’elaborazione dell’informazione, che ha provocato il trauma, consentendone la guarigione: una sorta di auto guarigione psicologica. A seguito di questa terapia, i clinici affermano che le immagini, le emozioni e le cognizioni negative legate al trauma risultano più sfocati e meno disturbanti. In questo caso la metafora del viaggio in treno calza a pennello in quanto siamo noi spettatori del viaggio che viviamo sia osservandolo attraverso il finestrino di un vagone e sia in noi stessi.
Dunque, l’EMDR lavora attraverso i movimenti oculari attivando il processo di rielaborazione dell’informazione traumatica trasformando il materiale traumatico in forma più adattiva e funzionale. Per avviare tale processo all’EMDR è necessario individuare il target, i ricordi del passato che hanno provocato il disagio, procedendo in senso cronologico che attraversa il presente anticipando un malessere dal quale si teme di soffrire ancora in futuro. Questa tecnica va approfondita nelle giusti sedi, per questo motivo vi riportiamo in fondo all’articolo link e fonti in cui potrete approfondire l’argomento.
FONTI:
- stateofmind.it
- Shapiro, F. (2000). EMDR. Desensibilizzazione e rielaborazione attraverso movimenti oculari. McGraw-Hill editore.
- pirandelloweb.com